SARS-CoV-2 e inquinamento

Data:
5 Gennaio 2021

Dell’esistenza di una correlazione tra SARS-CoV-2 e inquinamento, ne avevamo già parlato in un articolo dove venivano analizzati gli effetti del lockdown sull’ambiente. Copernicus, il sistema di monitoraggio dell’atmosfera che attraverso le analisi giornaliere fornisce i dati sulle concentrazioni degli inquinanti atmosferici, aveva rilevato nel periodo di marzo 2020 una tendenza alla riduzione graduale di circa il 10% a settimana di biossido di azoto NO2 al nord.

 Il Nord Italia è stato particolarmente colpito dalla Pandemia durante la prima fase, prima tra tutte la regione Lombardia. Uno spiacevole primato che è stato oggetto di riflessione e dibattito in ambito scientifico.

Se tra inquinamento atmosferico e Covid-19 esistesse una relazione? Per ottenere una risposta alla domanda ci viene in aiuto un recente studio condotto dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac), sedi di Lecce e Bologna, e dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente-Arpa Lombardia.

Vediamo nel dettaglio cosa è emerso dalla ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Environmental Research, diffusa dal CNR con un comunicato stampa, condotta analizzando i dati per l’inverno 2020 degli ambienti outdoor a Milano e a Bergamo, tra i focolai di COVID-19 più rilevanti nel Nord Italia.

In Lombardia, a maggio 2020 sono stati registrati 76.469 casi, pari al 36,9% del totale italiano di 207.428 casi.

Si è cercata una spiegazione valutando una potenziale interazione tra particolato atmosferico e virus, ma dallo studio è stato dimostrato che SARS-CoV-2 e particolato non interagiscono tra loro.

Quindi se non si considerano le zone di assembramento, la probabilità di maggiore trasmissione in aria del contagio in outdoor in zone ad elevato inquinamento atmosferico appare essenzialmente trascurabile.

Non solo l’inquinamento ma anche le condizioni atmosferiche tipiche della zona nel periodo invernale sono state indagate come potenziali responsabili della maggiore diffusione del virus nella zona del settentrione, come ha spiegato Daniele Contini del CNR-Isac di Lecce:

“Tra le tesi avanzate, vi è quella che mette in relazione la diffusione virale con i parametri atmosferici, ipotizzando che scarsa ventilazione e stabilità atmosferica (tipiche del periodo invernale nella Pianura Padana) e il particolato atmosferico, cioè le particelle solide o liquide di sorgenti naturali e antropiche, presenti in atmosfera in elevate concentrazioni nel periodo invernale in Lombardia, possano favorire la trasmissione in aria (airborne) del contagio. È stato infatti supposto che tali elementi possano agire come veicolo per il SARS-CoV-2 formando degli agglomerati (clusters) con le emissioni respiratorie delle persone infette. In tal caso il conseguente trasporto a grande distanza e l’incremento del tempo di permanenza in atmosfera del particolato emesso avrebbero potuto favorire la diffusione airborne del contagio”.

(Fonte: ingegneri.cc)

Allegato: https://www.ingegneri.cc/inquinamento-e-covid-19-quali-sono-gli-effetti-del-lockdown-sullambiente.html/

Allegato: https://www.ingegneri.cc/inquinamento-e-covid-19-quali-sono-gli-effetti-del-lockdown-sullambiente.html/

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